2002 - Pinot Galizio, il gotico continua - Fondazione Museo Giuseppe Mazzotti 1903 Albisola

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2002 - Pinot Galizio, il gotico continua

IL TORNIO notiziario culturale della ceramica
il Tornio Notiziaruio Culturale della Ceramica

 IL GOTICO CHE CONTINUA:
   la pittura industriale e la caverna dell'antimateria di Pinot Galizio
   di Franco Dante Tiglio

   Il catalogo generale delle opere di Pinot Gallizio
   Su iniziativa della Fondazione Ferrero di Alba, con la collaborazione dell’Archivio Gallizio, è stato pubblicato il volume "Pinot Gallizio, catalogo generale delle opere (1953-1964), curato da Maria Teresa Roberto con Giorgina Bertolino e Francesca Comisso ed edito da Gabriele Mazzotta.
   Il volume rientra in un ampio progetto della Fondazione Ferrero, che nell’ottobre del 2000 aveva dedicato all’Artista la mostra retrospettiva "Pinot Gallizio. L’uomo, l’artista e la città 1902-1964", accompagnata dalla pubblicazione di un album storico-biografico e dalla realizzazione del documentario "Dérive Gallizio" di Monica Repetto e Pietro Bolla, trasmesso dalla Rai e premiato a Torino Film Festival 2001. L’Archivio Gallizio, costituito come associazione nel marzo 1999 con sede ad Alba, attualmente composto da Giorgio Gallizio, erede unico, e da Liliana Dematteis, titolare della Galleria Martano di Torino, per statuto è preposto all’autenticazione e alla conservazione, tutela, promozione e studio dell’opera dell’Artista.
   Nell’Archivio è stato riordinato tutto il materiale augrafo, la corrispondenza, la documentazione bibliografica (cataloghi, testi, articoli, manifesti) e il materiale fotografico relativo all’attività artistica di Pinot Gallizio.


    

   Gli inizi della straordinaria avventura artistica di Pinot Gallizio, (Alba 1902-1964), sono contraddistinti da due incontri decisivi: il primo, nel 1953, con Piero Simondo, pittore e ceramista, che lo introdusse alla pratica della pittura; il secondo, due anni dopo, con Asger Jorn ad Albisola.
   Gallizio e Simondo, invitati dagli artisti albisolesi Luigi Caldanzano, Leandro Sciutto e Antonio Siri, erano approdati nella cittadina ligure della ceramica ai primi di agosto del 1955 per esporre i risultati delle loro ricerche sperimentali con materiali nuovi.
   Ad Albisola Gallizio conosce Jorn e nasce subito fra loro una profonda e duratura amicizia. Nel suo diario l’artista di Alba annoterà: "1955: incontro con Jorn e svolta decisiva della libertà di ricerca".
   Fin dagli esordi della sua attività la sperimentazione fu la primaria preoccupazione di Gallizio; ad Albisola, infatti, aveva esposto un gruppo di opere del 1954/55, realizzate su tavola o su carta catramata, con resine naturali, aniline, smalti, stagnola, limatura di bronzo, pece greca, tempera, olio, raffiguranti figure e paesaggi, che sembravano intagliati nella materia densa, con una gestualità rude e primitiva.
   Aveva incominciato a dipingere senza profonde nozioni di disegno, nè formalismi, affidandosi al segno, al gesto e alla materia, dalla quale sembrava voler spremere i succhi nascosti di emozioni inedite.
   Jorn aveva immediatamente apprezzato la sua vitalità esuberante e i suoi risultati artistici, che, a suo dire, superavano qualsiasi paradosso surrealista.
   Ma furono soprattutto le qualità d’animo e la vivacità dell’intelletto di Gallizio e suscitare l’ammirazione del danese.
   Il sodalizio con Jorn

   Nel settembre del ’55 Jorn si reca ad Alba e, insieme a Gallizio e Simondo, fonda il primo Laboratorio Sperimentale nell’ambito del Mouvement pour un Bauhaus Imaginiste (MIBI), movimento che il pittore danese aveva creato nel 1953. Al programma del Laboratorio aderiscono Guy Debord e l’Internationale Lettriste, l’olandese Constant, già appartenente al disciolto gruppo COBRA, Ettore Sotsass jr., Walter Olmo, sperimentatore in campo musicale, Elena Verrone, moglie di Simondo.
   Il Laboratorio, punto di incontro di artisti europei di avanguardia per svolgere sperimentazioni singole o di gruppo, nel 1956 organizza ad Alba il primo Congresso mondiale degli artisti liberi, a cui partecipano esponenti di otto nazioni.
   Il Congresso segna un nuovo importante momento per Gallizio, poichè lo proietta nel cuore del dibattito per la creazione di una nuova cultura artistica europea.
   Egli si unisce sempre più solidalmente a Jorn, che teorizzava una nuova dimensione attiva dell’artista in contrapposizione al designer asservito all’industria e all’ideologia funzionalista propugnata dalla Hochschule für Gestaltung di Ulm, diretta da Max Bill.
   Proprio per la sua spontaneità, Gallizio impersona il naturale contrapposto del designer: la casualità, infatti, è una componente essenziale della sua pittura; in più egli è un artista che, partendo da zero, attraverso l’esperienza, prende coscienza di sé e della esigenza di un rinnovamento culturale della società capitalista dei consumi e del profitto. Si è insistito anche sull’aspetto istintivo della sua arte. In realtà la sua non è una pittura istintiva. Come ha osservato Mario Merz, Gallizio lavora sulle idee: la "pittura industriale" e la "Caverna dell’antimateria" sono operazioni motivate da una presa di posizione culturale e scaturite da idee rivoluzionarie, in arte. Egli è tecnicamente inesperto, non istintivo.
   Si è avvicinato alla pittura privo di mestiere, dopo differenti esperienze: chimico, farmacista, archeologo, politico, enologo, esperto di erboristeria, ecc.... È dotato di intelligenza pronta e di un animo generoso, sensibile ai disagi dell’uomo, dell’ambiente, della società; ed è soprattutto uno sperimentatore: questo interesse gli deriva dallo studio della chimica e dalla pratica accumulata nel settore della ricerca.
   Almeno fino al 1960, l’anno della sua uscita dall’Internazionale Situazionista, la pittura è stata lo strumento espressivo del suo temperamento esplosivo, libero, inquieto e contestatore.
   La scoperta della pittura industriale

   "Cosciente dei problemi che ci riguardano direttamente – scrive di lui Michèle Berstein, compagna di Guy Debord, presentando in catalogo la sua prima mostra di pittura industriale alla Galleria Notizie di Torino – Gallizio, in questo interregno in cui ci troviamo presi, va oltre la buona pittura figurativa, o astratta, o tachista e in qualche modo moderna. La trasferisce in altri dominî con uno spirito straordinariamente inventivo. Si susseguono, e si intensificano, le ricerche chimiche, la pittura alle resine, quella alle erbe odoranti. Nel 1955 Gallizio è uno dei fondatori del Laboratorio Sperimentale del Bauhaus Immaginista. È in quel momento che, con un lavoro tenace e con la pazienza del genio, egli mette a punto la scoperta che darà il colpo decisivo alle piccole glorie del cavalletto: la pittura industriale".
   Gallizio guarda i problemi del suo tempo attraverso l’atto del dipingere; non ha preoccupazioni di stile o di sintassi. L’impulso a creare gli viene dal suo rapporto conflittuale con la società. Ciò che si prefigge è di costruire delle situazioni che si pongano come antitesi, ma anche come superamento, dei condizionamenti sociali e culturali creati dalla società consumistica e tecnologica.
   Una proposizione programmatica, questa, accolta nel documento finale del Congresso di Alba che affermava: "La finalizzazione di tutta l’attività artistica si concretizza nella costruzione di nuovi ambienti di vita e nel superamento dell’Arte".
   L’artista cessa di essere il creatore di forme inutili: suo compito diventa quello di sviluppare gli aspetti autenticamente liberatori e rivoluzionari impliciti nell’attività artistica, al fine di creare ambienti e modi di vivere completi, capaci di trasformare la struttura urbana e il comportamento degli abitanti. Il "superamento dell’arte" implica, inoltre, il rifiuto del sistema mercantilistico borghese fondato sulla speculazione intorno all’opera d’arte (mercato, critici, quotazioni, pubblicità, ecc....).
   In questo acceso fervore di rinnovamento nasce la "pittura industriale".
   Con la collaborazione del figlio Giorgio (in arte Giors Melanotte), Gallizio inizia a partire dai primi mesi del 1958, la produzione della pittura industriale nei sotterranei del Laboratorio Sperimentale (situato in un convento seicentesco). Si trattava di dipingere lunghe striscie di tela, usando sia la pittura a olio e le resine, sia una tecnica a stampaggio. Le tele venivano poi avvolte a rotolo, come le pezze di stoffa. Il primo rotolo realizzato misurava 68 metri di lunghezza e 75 cm. di larghezza.
   L’attrezzatura meccanica era rudimentale: il problema del prosciugamento dei colori e dei solventi venne risolto con un sistema di riscaldamento e di aspirazione dei vapori.
   Il superamento dell’arte

   La pittura industriale si propone come sintesi di arte e vita, come prodotto disponibile in grande quantità e a vile prezzo, accessibile a tutti, in contrapposizione all’opera d’arte auratica creata dal mercato e all’oggetto funzionale realizzato dal designer per l’estetica della società consumistica.
   Esposta per la prima volta, come si è già detto, nella Galleria Notizie di Torino, la pittura industriale rientra nel programma delle tecniche di rovesciamento e di attacco elaborate all’interno della Internazionale Situazionista.
   La tecnica è di tipo informale, ma il significato non sta nello stile adottato. Ciò che risalta è la soluzione inventata dall’artista allo scopo di inflazionare il prodotto pittura con centinaia di metri di tela dipinta, venduta inizialmente da settembre a diecimila lire al metro, secondo la larghezza, come una stoffa, da usare per addobbi, abiti, tappeti, tende, rivestimenti di pareti o di mobili. In sostanza, Gallizio declassa l’opera d’arte, riducendola ad oggetto alla portata economica di tutti.
   "Gallizio produce la pittura a metro – aveva scritto la Berstein – Il suo prezzo di costo sfida qualsiasi concorrenza. Il prezzo di vendita pure. La sua produzione è illimitata. Basta con gli speculatori dell’arte. La grandezza di Gallizio sta nell’aver spinto le sue tenaci ricerche fino al limite in cui non resta più nulla del vecchio mondo pittorico. Al punto in cui oggi siamo giunti, che è quello della sperimentazione di nuove costruzioni collettive e di nuove sintesi, non è più tempo di combattere i valori del vecchio mondo con un rifiuto neo-dadaista. Sia che si tratti di valori ideologici, o plastici, o economici, occorre scatenare dovunque l’inflazione. E Gallizio è in prima fila".
   Questa pittura è detta "industriale" in riferimento alla quantità, come ha spiegato Giorgio Gallizio: "Col termine industriale... non vogliamo affermare il legame della produzione artistica con i criteri di una produzione industriale (tempi di lavoro, costi di produzione) e con le qualità intrinseche della macchina, ma stabiliamo una idea quantitativa di produzione". L’accento è posato, insomma, sulla "quantità", in contrapposizione alla "singolarità" e all’"aura" dell’opera nel sistema mercantilistico dell’arte borghese.
   D’altra parte uno dei principi guida, affermati da Debord e dai suoi amici, confermava che la cultura inizia là dove finisce l’utile.
   Ma è stata la semplice invenzione del "rotolo" di tela dipinta, che ha messo in crisi l’arte tradizionale, il mercato e la speculazione, instaurando un rapporto nuovo con la gente. Dopodichè, il logico corollario della pittura industriale sarà la "Caverna dell’antimateria".
   Pittura a 7000 lire al metro

   La Caverna dell’antimateria è la costruzione di un ambiente allucinante, un environnement che anticipa Fluxus, allestito con 145 metri di pittura industriale, impiegati per coprire interamente pareti, soffitto e pavimento della Galleria di René Drouin a Parigi (maggio 1959).
   In una breve presentazione, contenuta nell’invito alla mostra, Gallizio illustra il principio base del suo lavoro: "La parete di destra, la parete di sinistra e quella di fondo della Galleria rappresentano le reazioni che avvengono fra l’antimateria del soffitto e la materia del pavimento. Tali forze si incontrano e si fondano in una ‘realtà provvisoria’ rappresentata dalla mannequin vestita di pittura".
   In una delle lettere dirette a René Drouin, Gallizio accenna anche alle fonti scientifiche, che hanno ispirato la "Caverna": "Einstein ideò la materia e il suo enigma come una scatola chiusa... Io m’immagino di trovarmi nella scatola magica e come poliziotto indagare, cercare, scoprire, in un’intimità stravagante, l’immane segreto...".
   "Nel 1949 – prosegue Gallizio – quando si scoprì l’antiparticella, il fisico italiano Pannaria ideò una specie di teatro: ‘retroscena" (antimateria), ‘palcoscenico’ (dove avvengono le scene di scambio), ‘platea’ (mondo, quello che conosciamo e vediamo noi: atomi – molecole – elettroni); grossomodo, questo teatro fisico fu l’idea, la scintilla... e certamente la base per la vita di domani. Questo ‘antimondo’ bisognava pure tradurlo in forma".
   Gallizio immagina che la realtà attuale sia "preistoria della cosiddetta era atomica" e che gli uomini di oggi si trovino nella stessa condizione dei Paleolitici che, terrorizzati dai fatti naturali, dipingevano le loro caverne "anche loro per scoprire l’enigma. Così oggi io, piccolo mago dell’antimondo, cerco di descriverlo e creo la mia caverna – scatola con senso magico – esattamente come loro, impaurito come loro, e credo che il mio linguaggio sia sincero, magico e reale, anzi interreale... Il mio gioco è terribilmente semplice e quindi emotivo, irrazionale, fantastico, unico, artistico e quindi irripetibile almeno come gesto. È il gotico che continua – mai finito".
   Il futuro avrà la sua Cattedrale

   In questo accenno al "gotico" vi è un implicito richiamo al monumentale e alla cattedrale gotica come esempio di costruzione artistica anonima e collettiva: "Il futuro avrà così la sua cattedrale...". Il riferimento sembra voler coinvolgere l’apporto teorico e solidale dell’entourage situazionista (situazionista è infatti l’intento di andare oltre la pittura tradizionale, ma anche la "dérive" psicologica, provocata dalla atmosfera surreale, o "interreale", della caverna).
   La materia pittorica, come ce la descrive ancora l’artista "è incredibile per toni e contrasti di colore... per violenza... materie in eruzione come lava, in esplosione per effetti sorprendenti di colore, dai più tenui ai più scuri... pittura atomizzata, disintegrata! Le reazioni a catena descritte sulle pareti illustreranno agli attori-spettatori un dramma vissuto a loro insaputa. L’aroma resinoso li porterà in un ambiente irreale che solo la presenza di una ‘realtà provvisoria’, la mannequin vestita di pittura, potrà diradare. Un sottofondo musicale, come di un fiume che scorre dentro o un mare che batte sotto, creerà l’atmosfera ansiosa di un mondo in formazione".
   In questo envirronnement la pittura avvolge, ma non limita. Lo sguardo la penetra, la attraversa, vi sprofonda dentro e al tempo stesso se ne sente invaso.
   La pittura delle pareti, e del soffitto della Caverna non è racconto, non è da leggere; è pura energia fluente, che pervade, è anti-materia. Lo spettatore è inondato da sensazioni, memorie, evocazioni, entra ed esce da età primordiali, scivolando dalle emozioni di un passato estremamente remoto a quelle della realtà provvisoria del presente.
   La Caverna non è neppure una costruzione spaziale; anzi la concezione tradizionale dello spazio, come grandezza geometrica o misura architettonica, è contraddetta, poichè le pareti non sono limiti, hanno una funzione di choc per l’immaginazione, trasportata in una dimensione interna-esterna, immateriale, anti-materia, anti-mondo.
   È una deflagrazione virtuale dello spazio geometrico: Fontana (1949), Klein (1958), Gallizio rappresentano tre risposte diverse della ricerca di un ambiente assoluto.
   Subito dopo la mostra alla Galleria Drouin i rapporti di Gallizio con Debord e il gruppo situazionista entrano in crisi a causa della sempre più intransigente accentuazione politica impressa da Debord all’Internazionale Situazionista. La rottura, inevitabile, verrà ufficializzata soltanto nel luglio del 1960, ma in realtà era già da tempo un fatto compiuto.
   Gallizio, che fino a quel momento si era sentito un uomo di gruppo, si trova improvvisamente isolato.
   Ma "le cose girano bene per lui, meglio che mai – annota Martina Corgnati – Forse per la prima volta egli realizza di aver solide gambe per camminare da solo... Il mondo dell’Arte lo accoglie a braccia aperte".





 
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